martedì 28 agosto 2012
QUESTO BLOG CONTINUERA' SUL BLOG DI VIENI E VEDI
Ciao a tutti
E' dall'inizio di quest'anno che a Mantova,con un mio amico sto portando avanti un progetto per giovani e fatto da giovani chiamato " Vieni e Vedi " nel quale ci troviamo un sabato al mese nella chiesa di Santa Teresa a Mantova e facciamo Messa ed Adorazione cantata e suonata da noi.
Abbiamo anche un Blog per Vieni e Vedi: http://blog.libero.it/vienievedi/ sul quale continuerò a scrivere.
Durante l'evento mensile Vieni e Vedi, viene pubblicato anche un giornalino scritto dai ragazzi di Vieni e Vedi. Se qualcuno fosse interessato,lo si può ricevere in mail,gratutitamente, basta scriverci una mail all'indirizzo vienievedimn@libero.it e nell'oggetto ricordarsi di mettere "Giornalino Vieni e Vedi"
Paolo
p.s.
Pagine Vieni e Vedi su Facebook: http://www.facebook.com/vienievedi.mantova#!/VieniEVedi
oppure chiedere l'amicizia a Vieni e Vedi Mantova
domenica 18 marzo 2012
Ciao
a tutti, ieri bevendo un caffé con la mia ragazza ed un nostro caro
amico,Giulio, che aveva con sé il libro del famoso corso fidanzati di Assisi,
sfogliandolo, ho trovato questo capito che mi ha colpito moltissimo "I 14 nuclei
di morte nella coppia" eccolo qua sotto; in allegato vi invio inoltre tutta la
catechesi di padre Giovanni Marini
Voi tra questi 14 quanti ne avete?
Padre
Giovanni Marini O.f.m.
NUCLEI
DI MORTE NELLA COPPIA
6.1
Pericolosità dei nuclei di morte.
Mentre una coppia vive la propria
storia tranquillamente, magari con un po’ di ingenuità ed una fiducia
superficiale nelle proprie possibilità, lungo il suo cammino può trovare delle
insidie che possiamo chiamare “nuclei di morte”. I nuclei di morte possono
essere paragonati ad un cancro: una persona vive tranquilla e magari non sa che
a qualche livello procede un male che, se preso in tempo, può essere sconfitto,
mentre se ci dormi su ti uccide. Immaginate il cruscotto della vostra macchina:
voi avete davanti tutte le segnalazioni. Ad un certo momento si accende la spia
dell’olio; puoi andare ancora un po’ avanti, ma devi stare attento. Se
intervieni puoi salvare il motore, altrimenti rischi di fonderlo. Si può
accendere la spia dei freni; puoi ancora andare avanti, ma stai attento perché è
un organo vitale della macchina e potresti andare a finire male. Così, conoscere
questi nuclei di morte, significa avere un occhio sull’apparato, sull’insieme,
affinché tu ti possa difendere, perché insidie ce ne sono! Passiamo all’esame di
alcuni nuclei di morte.
1)
Il rapporto non
paritario.
E’ importante chiedersi sempre:
“Il nostro è un rapporto paritario?”, perché non ci vuole niente a prevaricare
l’uno sull’altro! Le persone sono profondamente diverse le une dalle altre:
generalmente la donna è un po’ più ben strutturata e può trovare un uomo un po’
più debole. Perché il rapporto vada bene, due persone si devono incontrare: se
si sorreggono l’un l’altra entrambi crescono, ma se uno prevarica, il rapporto
non funziona. Immagina nella tua mente la ruota di un carro, poi un asse e
dall’altra parte la ruota di una bicicletta: come può funzionare un meccanismo
del genere? Tutti i rapporti umani devono essere paritari. Il Vangelo lo dice
chiaramente: “Voi non chiamate padre nessuno sulla terra, il Padre è uno solo,
quello del cielo. Voi non chiamate maestro nessuno sulla terra, il Maestro è uno
solo, il Cristo. Voi siete tutti fratelli”. Il fidanzamento (e ancor più il
matrimonio) è la più bella e la più alta tra le relazioni umane, perciò il
rapporto deve essere assolutamente paritario. Spesso non ci facciamo caso, ma
esistono delle differenze, ad esempio tra le nostre famiglie , le nostre
tradizioni, culture, le esperienze passate, che condizionano le nostre
personalità. Pur dando per scontato un certo squilibrio, bisogna tenere sotto
controllo questa realtà, altrimenti non si va avanti (pensa ad una ruota del
carro grande e l’altra piccola!). Già vi accennavo alla ragazza che mi diceva di
aver 8 motivi per non sposarsi con il suo ragazzo. Soltanto quando lei ha fatto
il viaggio di Cristo in discesa, per andare a mettersi a livello paritario e
spronare l’altro a farlo salire e crescere, il rapporto è rinato. Il godere
nell’essere più forte uccide il rapporto di coppia, purtroppo però esercitare il
proprio potere su un’altra persona da un gusto incredibile e non ci si rende
però conto che così la dinamica di coppia muore. Per fare qualche esempio, è
abbastanza frequente negli uomini una certa avversione al matrimonio, ma a ben
vedere spesso questa è dovuta al fatto che sentono la donna quasi come una mamma
e il sentirsi superati sotto tanti aspetti produce in loro un senso di
inadeguatezza e insicurezza che distrugge i sentimenti Pochi giorni fa è venuta
una coppia sposata. Avevo individuato il male nella loro storia, che non
sembrava avere un approdo dopo 10, 11, 12 anni, in attesa di chi sa che cosa.
Quando lei ha preso coscienza del suo atteggiamento prevaricatore, ha fatto il
cammino di Gesù Cristo e ha ceduto lo scettro di essere arbitro di tutte le
situazioni, il rapporto è migliorato, lui si è incoraggiato, i sentimenti si
sono rinvigoriti, e andare all’altare non è stato difficile. Non crediate che
sia una cosa semplice: ci vuole molta attenzione per riuscire a mettersi l’uno
di fronte all’alta e rendersi conto di ciò che affatica e fa morire
l’amore.
2)
Il rapporto simbiotico.
Il rapporto “simbiotico” è’ un
nucleo di morte molto vicino al rapporto “non paritario”. Immaginate un ponte
sorretto da diversi pilastri; se uno dei pilastri non vuole più rimanere al suo
posto ma cambiare posizione, il ponte crolla! E’ la tipica situazione di quel
partner che, ad un certo momento, ubriacato dal fascino e dall’amore dell’altro,
non pensa più con la sua testa: “Quello che decidi tu, è fatto bene, quello che
pensi tu, è fatto bene, quello che senti tu, è fatto bene”. Si spoglia della sua
personalità, delle sue reazioni, del suo modo di vedere e di sentire la realtà.
Alcune volte si dicono delle stupidità: “Sai, noi siamo troppo diversi!”. Ma non
c’è niente di male, è Dio che ha voluto che fossimo diversi: maschio e femmina.
Non c’è diversità maggiore di questa! Il punto è che queste due diversità si
richiamano anche, e si devono superare. Nel rapporto simbiotico una persona si
annienta nell’altra: se una non funziona, l’altra muore. E’ fondamentale che
ognuno continui a pensare con la propria testa. Facciamo il caso di un ragazzo
che faccia tutto ciò che la ragazza decide: la donna pensa, sente e vede le cose
in una maniera totalmente diversa dall’uomo, lui non può vedere, sentire e
giudicare le cose come le giudica lei, non deve rinunciare alla propria
personalità! Lei vuole andare al mare mentre lui vuole andare in montagna: che
si fa? Si discute e ci si viene incontro, una volta accontentando uno e una
volta l’altra.
3)
Non avvenuta
desatellizzazione.
Si verifica quando si prova una
sorta di obbligo nei confronti della famiglia, che in qualche modo agisce con
opera di risucchio. Se tu cerchi di desatellizzarti, la famiglia ti riaggancia
attraverso una trappola insidiosa: il senso di colpa. C’ è una via esplicita:
“Che figlia sei!? E tutti i sacrifici che ho fatto!? Non ti rendi conto che tuo
papà sta male?…” Ma esistono altre forme più insidiose perché implicite. Pensa
se la mamma non va d’accordo con il marito e quest’ultimo ne approfitta
picchiandola: chi resta a difenderla? Dentro di te pensi di dover salvare la
situazione, di avere un obbligo. E così passano i 20 anni, passano i 25 e si
arriva ai 30 anni; e intanto passano gli anni migliori della giovinezza, un
ragazzo bussa alla tua porta, una ragazza bussa, ma tu sei impegnatissimo: “Che
ne sai tu dei problemi di casa mia? Ma che ne sai tu di quanta sofferenza che ha
avuto mia mamma? Ma che ne sai tu delle botte che le ha dato papà? E mi vieni a
dire di pensare a un ragazzo!? Ma se inizio a concepire, nella mia vita, che
devo godere, che mi devo trovare un ragazzo, io mi sento in colpa. E come posso
goderlo, un ragazzo, dopo che ho lasciato una situazione disastrata per andare
per la mia strada? Non è concepibile!”. Il senso di colpa: ti aggancia, ti tiene
legato, come un cane tenuto al guinzaglio. I tuoi genitori non ci pensano, non
pensano che, arrivato a 20 anni, te ne devi andare per la tua strada. E’ in
questo modo che rendi onore a tua madre e a tuo padre. Si tratta di capire bene
il significato del dare onore a tuo padre e a tua madre: fino a 20 anni è
l’obbedienza, ma dopo, se continui a obbedire ai tuoi genitori, tu li disonori.
Devi dire: “Io ho anche un cervello e so per quale strada passa il mio bene,
ormai!”. Passati 20 anni, i criteri di giudizio e di comportamento li devi
desumere dall’alto. Se S. Francesco avesse obbedito a suo padre e a sua madre,
avremmo avuto un mercante in più, ma non avremmo avuto un benefattore
dell’umanità. Una ragazza, una volta, mi ha fatto un disegno rappresentando i
figli come satelliti all’interno del proprio nucleo famigliare che ti attira,
mentre il momento della desatellizzazione è stato rappresentato dalla presenza
di fulmini tra la terra (rappresentata dai genitori) e i suoi satelliti (i
figli): è un processo dialettico. Non ti puoi aspettare che vada sempre tutto
bene e che sia sempre tutto tranquillo; qualche volta questo succede, ma solo
nelle famiglie illuminate! Dopo che ti hanno fatto con la possibilità di pensare
con il tuo cervello, di camminare con le tue gambe, ti hanno dato tutte le
possibilità di diventare pienamente autonomo, cosa vuoi ancora dai tuoi
genitori? A 20 anni i genitori si devono “rigenerare”. Ci si deve mettere in
atteggiamento di dare. Lo “smammamento” deve essere almeno psichico: puoi stare
anche a casa, ma devi essere comunque una persona autonoma, una persona libera
oramai. Il difficile è dato dalle situazioni familiari che non funzionano bene.
Infatti lì spunta il senso di colpa. Una ragazza di 27 anni, alla domanda di
cosa facesse, rispose: “accudisco i miei”. Diceva di avere i genitori anziani e
malati e di doversi prendere cura di loro. Alla domanda di quanti erano in
famiglia, rispose che erano 7 figli, tutti sposati e che nessuno di loro si
poteva prendere cura dei loro genitori. Le avevano detto di fare quello e
pensava che la sua vocazione fosse quella. “Dove sta scritto? Chi te lo ha
detto? Ma tu che cosa volevi fare?”. “Ho sempre sognato di diventare suora!”.
Finalmente un giorno ha avvisato i suoi famigliari che sarebbe partita per
andarsi a consacrare e, che d’ora in avanti, si sarebbero dovuti prodigare loro
per i propri genitori. I fratelli e le sorelle si sono allarmati moltissimo.
Comunque, alla fine, si sono dovuti organizzare. Oggi, questa ragazza, è una
missionaria: è già stata in Africa e ora non so se è nell’America Latina. E’ una
donna fiorita. I genitori sono morti: se fosse stata con i genitori, quando essi
fossero morti, lei cosa avrebbe fatto? Si sarebbe arrovellata il cervello perché
la vita non è servita!
4)
Egoismo di coppia.
L’egoismo di coppia si configura
così: “Adesso io e te ci siamo fidanzati, adesso gli amici e le altre persone
non servono più. Siamo sufficienti io e te!” E’ come se rimanesse un albero (io
e te), senza le radici che ramificano e assorbono; l’albero si secca.
Con un meccanismo del genere le
due persone muoiono di inedia, si seccano come un fiore senza acqua. Neanche la
loro dinamica va avanti: inizialmente può sembrare andare bene, ma dopo muore.
Tu non puoi fare a meno di tutto il tessuto umano di amici, di parenti, degli
amici di lui, degli amici di lei. Questi interscambi devono avvenire. Il tessuto
dell’amicizia deve essere sempre allargato. Generalmente, per un credente, è
soprattutto il tessuto ecclesiale degli amici, di altre coppie, di altre
esperienze a dover essere curato.
5)
Rapporti sessuali
prematrimoniali.
Il rapporto sessuale
prematrimoniale non permette la crescita perché ferma l’energia ad un livello
che non le permette di trasformarsi nell’elemento psichico che veramente fonde
le due persone. L’amore è un dato psichico. Questa energia rappresenta il tuo
tesoro, è quanto di più prezioso hai. Con essa devi imparare a convivere, non ne
puoi fare a meno, ma la devi governare con intelligenza. La prima domanda che mi
fanno generalmente è questa: “Ma, Giovanni, fin dove bisogna arrivare?”. Io non
lo so, ma sul libro del mio amico Walter Trobish (che si è sposato), ho trovato
una regoletta “super” che dice: “dalla cintura in giù, niente!”. Questo perché
quando si entra in aree dove l’erotizzazione è molto elevata, costa fatica
tornare indietro, perché è come se si scendesse da un piano inclinato.
6)
Doppio legame.
Questo punto lo dovete capire
molto bene perché è di un’insidia tale che ti accompagna sempre e ovunque.
Succede quando una modalità di comunicazione smentisce l’altra: la comunicazione
gestuale può averti detto “aggressività”, mentre la comunicazione verbale ti può
aver detto il contrario. Il problema è complicato perché, certe volte, la
contraddizione è nelle parole che noi diciamo. Se io ti dico: “Sii libera”, ti
sembra la cosa più ovvia di questo mondo, ma non ti accorgi che c’è una
contraddizione? Ad esempio: il fidanzato ha un rapporto sessuale con la sua
fidanzata per la prima volta. Tutte le ragazze mi raccontano che piangono. Ad un
certo momento lui le chiede: “Perché piangi? E’ stato un gesto d’amore, è stato
così bello!”. Non coglie in quale stato d’animo lascia quella ragazza, che
magari torna a casa e non ha il coraggio di incrociare lo sguardo dei suoi
genitori. Quando qualcuno è superficiale, non arriva a pensare che da un gesto
che per lui è naturale e spontaneo possano scaturire delle conseguenze. I fatti
contraddicono le parole: con le parole ti dico che ti voglio tanto bene, poi
magari non vengo all’appuntamento o ti faccio aspettare. Questo atteggiamento
uccide l’amore e lo appesantisce in una maniera gravissima. Il doppio legame è
una dinamica che scatta a livello inconscio, questo è il problema. Vi ricordate
quando precedentemente avevo enunciato le 8 regole d’oro per vincere il non
amore? Tra queste ve n’era una che diceva di parlare tu e lui soli; ma quando
c’è il doppio legame non è più sufficiente, ci vuole una terza persona
dall’esterno che abbia un po’ di orecchio e un po’ di fiuto per rendersi conto
che la dinamica è paralizzata dal doppio legame, che infarcisce tutta la loro
comunicazione e, come risultato, entrambi si trovano spossati, non ce la fanno
più ed hanno solo voglia di gettare la spugna.
7) L'amore
paterno-materno che ingloba si unifica all'amore sponsale.
Se io smonto un ragazzo, trovo in
lui una potenzialità sponsale, cioè capace di entrare in rapporto d’amore con
una ragazza e vivere un’avventura d’amore, però contemporaneamente trovo anche
una capacità paterna di accudire, di venire incontro, di mettere in atto tutta
una serie di gesti e di comportamenti tali da assolvere il compito di padre.
Ugualmente una donna ha la capacità sponsale, come anche la capacità materna.
Capita che, ad una certa età, si cerchi il rapporto sponsale. Facciamo però
l’esempio di un ragazzo “mezzo sfasato”. Dentro la donna nasce un sentimento
materno, da salvatrice. Succede quindi che si aprono tutti e due i rubinetti,
quello sponsale e quello materno. Questo tipo di amore finisce, muore, perché
nessuno vuol essere eternamente figlio e nessuna vuol essere eternamente madre.
Quando hai aperto entrambi i rubinetti, hai la percezione di un grandissimo
amore, ma quando questo muore (e presto o tardi succede), tu sei agganciato a
tenaglia e per venirne fuori avviene una lacerazione, uno strappo dolorosissimo.
Un esempio opposto: conoscevo una coppia; lei era una donna strutturata, avevano
4 figli. Il marito si vantava davanti a me dicendo: “Io, questa, me la sono
cresciuta!”, poi andava a donne. Si vantava di averle fatto da padre, ma il
padre lo doveva fare qualcun altro. Un altro esempio: giunge un ragazzo che ti
racconta di arrivare da una famiglia disastrata, che ha sofferto molto, e ti
racconta tutta la storia. Tu, ragazza, la prima volta lo ascolti e va bene
perché l’amore si nutre di conoscenza. Il giorno dopo, quando lui riprende
l’antifona, devi chiedergli: “Mi stai chiedendo di farti da mammina, vero?
allora devi andare da un’altra persona”. L’infantilismo di una persona si trova
subito all’interno del suo linguaggio, quando ti chiede il pietismo (abbi pietà
di me, mi devi capire perché ho sofferto). Bisogna essere svegli, ma le donne di
solito ci cascano! L’essenza del peccato della donna è sentirsi la salvatrice
delle situazioni umane. La donna ha bisogno che qualcuno abbia bisogno di lei.
Ma nessuno ti costituisce salvatrice delle altre persone, tanto meno dei
ragazzi, tanto meno di quello che devi sposare, che pensi come l’uomo della tua
vita. La persona che hai davanti può avere dei problemi, ma per risolverli
bisogna andare da chi è veramente Padre, da chi questi problemi può gestire. Non
devi affidare questo compito alla ragazza o al ragazzo: il ragazzo ti deve
essere solo fidanzato e la ragazza solo fidanzata. In seguito queste
problematiche sboccano all’interno della famiglia dove trovi il fenomeno più
consueto: il papà periferico, cioè un uomo che non conta perché la donna si è
appropriata di tutto. Nella linea di cui vi parlavo in precedenza, il rapporto è
sano quando la dinamica sinusoidale è buona: se una persona esagera nella
prepotenza, è perché sotto c’è stato qualcuno che è diventato profondamente
dipendente. Ti puoi chiedere: “Ma io, con i miei genitori, ho una buona
relazione? Con i miei figli ho una buona relazione? Con il mio fidanzato ho una
buona relazione?”. C’è un momento in cui io devo essere comprensivo e c’è un
altro momento in cui io devo essere forte. Se sono sempre forte viene il
dissidio, la lotta, ma se sono sempre debole viene la dipendenza: entrambe le
strade sono patologiche.
8)
Il non amore per sé, la non conoscenza di sé.
Se una persona non si ama non può
stabilire buone relazioni con gli altri, con il partner. L’amore a sé è
condizione imprescindibile per una buona relazione d’amore. L’amore è inoltre
una realtà che viene data ma che deve essere anche ricevuta. Quando la persona
non si conosce, non si ama, non va bene: potrà fare un po’ di strada, ma poi è
destinata a morire. Conoscersi e amarsi non è comunque una cosa semplice.
Bisogna partire dal dato che nessuno conosce se stesso, che nessuno ama se
stesso se non è stato preso per mano da qualcuno. Se faccio un grafico con due
estremi, dove vi è un negativo ed un positivo e ti posso dire che un 50%
dell’amore a te può partire da un totalmente negativo: si va da persone che
soffrono di molti complessi di inferiorità, a persone che si lamentano di tutto,
a persone che credono di essere un poco di buono, a persone che affermano: “Beh,
non c’è male!”, a persone che si ritengono normali. L’altro 50% lo devi
raggiungere per fede. Dio doveva fare un altro Dio, ma non lo poteva fare. Però
ha fatto l’immagine e la somiglianza di Dio, cioè ha fatto te e, quando ti ha
fatto, ti ha messo a paragone con ciò che aveva creato prima di te (la terra, il
cielo, la luce e il buio, ecc.). Poi si riposò. Infatti, uscito il capolavoro,
non c’è più nulla da aggiungere e da ritoccare. E questo giudizio è
inappellabile, l’ha detto Dio su ogni persona umana. Però tu vivi in un contesto
culturale che non fa altro che devastare l’immagine e la somiglianza di Dio che
sei. Il faraone, cioè la cultura intorno a te, ti dice che tu non sei come
quello e quell’altro. Da quando nasce un bambino, si tende a dire che assomiglia
tutto a sua madre o che assomiglia tutto a suo padre. Poi il confronto continua
dicendo che non sei come tuo fratello o tua sorella, poi si continua all’asilo
facendo il confronto con gli altri bambini, si continua nella scuola a fare un
confronto con gli altri attraverso i risultati ottenuti con gli esami e i
punteggi, esci dalla scuola e tutto diventa competizione (nello sport, nei
concorsi di bellezza). Dentro a queste stupidità tu ci vivi come il pesce
nell’acqua, ritenendola la cosa più normale di questo mondo, e non ti sorge
neanche il dubbio che ti puoi trovare all’interno di una mistificazione
infinita, come al pesce non viene in mente che al di fuori di quell’acqua ci può
essere tutt’altro orizzonte, un altro mondo. Il risultato finale è che le
persone sono devastate dall’immagine di sé, hanno perso la cosa fondamentale:
l’unicità del proprio essere. Ricordate che si entra nell’ambito dell’amore
quando si riconosce l’unicità dell’altra persona. Quindi se qualcuno non ti ha
preso per mano, dentro a questa realtà ci sei e ci rimani. Ad esempio, non
dimenticherò mai la mamma di una suora. Era proprio una bella signora, e io mi
sono permesso di farglielo notare. Ancora oggi è arrabbiata con me perché l’ha
percepito come un insulto. Quello che io vedevo esternamente non corrispondeva
all’immagine psichica che lei aveva di se stessa. La persona vernicia questo
comportamento con l’umiltà, non può farsi questi complimenti, altrimenti sarebbe
presuntuosa. Il sintomo che ti fa capire che una persona non si ama, che il
deterioramento è grave, è dato dall’impatto con il cibo. Tale difficoltà può
portare al fenomeno della bulimia o dell’anoressia, esiti diversi dello stesso
fenomeno. Quando una volta elogiai una bambina per la sua bellezza, la mamma
intervenne dicendomi: “Padre, invece di fare tutti questi elogi, perché non dice
a questa bambina di mangiare di meno, visto che è diventata grassa?”. Il danno
che ha fatto quella mamma, nessuno lo potrà mai considerare! Hadler, uno dei
grandi psicologi del nostro tempo, fa dipendere tutta la patologia psichica
umana dal complesso di inferiorità. Tutte le volte che tu accetti il giudizio di
un’altra persona, il veleno stilla dentro di te avvelenandoti tutta la vita. Non
devi giudicare, non compete a te. Così una persona che non si conosce e che non
si ama, non assolve al compito: soffre e fa soffrire gli altri. La Grazia di Dio
suppone che la natura funzioni bene, ed amarsi è assolutamente necessario. Mi si
presentò una volta una donna di 32 anni, con 20 ragazzi alle spalle ed un
fallimento dopo l’altro. “Dio che cosa deve fare per te?”, gli chiesi. E lei
candidamente disse: “Io cerco un ragazzo perché mi vorrei sposare”. “No! Domanda
sbagliata! Con il Dio della rivelazione bisogna anche saper formulare la domanda
e ci vuole qualcuno che ti aiuti a domandare le cose giuste”. Allora dissi a
questa ragazza: “No! Tu non devi chiedere un ragazzo! Del resto te ne ha mandati
tanti, e che ne hai fatto: tutti sciupati! Perché? Perché c’è un problema a
monte: tu non ti ami! Questo è il tuo vero problema. “Che cosa devo fare?”. Gli
risposi: “Devi fare tanti e tanti esercizi di un certo tipo, mettendo per
iscritto il contenuto del Salmo 102, 1 – 5, imparandolo a memoria e poi
realizzandolo. Dice così: “Anima mia benedici il Signore, quanto in me benedica
il suo Santo nome. Anima mia benedici il Signore, non dimenticare tanti suoi
benefici. Egli perdona tutte le tue colpe, guarisce tutte le tue malattie, salva
dalla fossa la tua vita, ti corona di grazia e di misericordia, sazia di beni i
tuoi giorni e tu rinnovi come aquila la tua giovinezza”. Se ti metti a pensare a
tutto quello che sei, andandoli a ripescare troverai almeno 100 motivi per dare
lode a Dio, perché sei stata abituata dalla cultura intorno a te solo a
piangerti addosso. Inoltre, egli perdona tutte le tue colpe, ma se non accetti
il dono primo di te a te stesso, Dio dove può mettere gli altri doni? Altri
esercizi li fai allo specchio cercando qualche parte della tua corporeità che è
negata. Ti devi amare così come sei, anche se hai 20 chili in più. Una ragazza
mi ha insegnato che il suo grasso era un grasso a “mela”: non importa, ti devi
amare così come sei, in obbedienza a Dio. Quando avrai fatto questo, solo dopo,
ti troverai un dottore serio e farai una ricerca sulla tua fisiologia per
impostare una cura sotto controllo medico. Dio ti dice che sei un prodigio, un
capolavoro, e quando insisti dicendo che non è vero è come sputare in faccia a
Dio. Glorifica Dio nel tuo corpo: ci ha fatto un prodigio e un capolavoro.
Quando una persona non ama il suo corpo, il sintomo lo trovi nel mondo psichico,
attraverso la timidezza, attraverso l’aggressività, attraverso tante altre
forme, paure e depressioni, ecc. Un “io” si rinforza, diventa sicuro,
tranquillo, forte nella misura in cui si accetta e si ama. Quando una persona
non si ama, te ne accorgi subito perché ha un imbarazzo, va cercando il modo per
presentarsi agli altri e per far sì che in qualche modo ti approvino e ti
accettino. Si recuperare l’unicità dell’essere, la convinzione che non sei
confrontabile, tu sei unico nella tua originalità e nella tua
bellezza.
9)
Non avvenuta
elaborazione del fantasma dell'altro dell'altra.
Quando sentiamo affetto, ad
esempio, per un ragazzo che viene da una lunga storia conclusa, bisogna porsi
nell’atteggiamento di chi dice: “Calma, prima dammi prova che il fantasma, cioè
la presenza dell’altra persona, che rimane, è uscito fuori (…e non esce con una
passata di spugna, perché ci vuole tempo, esercizio, ci vuole buona volontà e
tutto il resto per poterlo elaborare): soltanto quando l’altra è uscita e lui è
tornato a risplendere tutto per te, allora gli darai spazio. Occorre prendersi
uno spazio di tempo, riequilibrarsi dentro, rimettersi nella condizione e nella
predisposizione di…., e poi ripartire. Altrimenti l’altro ti diventa un motivo
compensativo, cioè che compensa il fatto che io adesso sento una
solitudine.
10)
Fissazione a tappe
precedenti nel cammino della maturazione della libido.
La libido in una persona si
sviluppa, cresce per varie fasi:
- la prima fase è definita
“autoerotica”: significa che il bambino è tutto concentrato su se stesso, trova
piacere da sé e tutto il mondo che sta intorno deve servire a lui. Per il
bambino il piacere deriva dallo scoprire il piedino mettendoselo in bocca, ecc.
La masturbazione è una regressione a questo stadio in cui tu trovi il piacere da
te stesso;
- la seconda fase è definita
“omoerotica”: il ragazzo e la ragazza trovano gioia nel confrontarsi con l’amico
o l'amica. E’ indice di un passaggio, di una crescita in quanto tu esci da te
stesso e vai verso una persona dello stesso sesso perché è più facile, perché ti
intendi meglio. Questa fase è buona a meno che non intervengano manipolazioni di
ordine genitale.
- la terza fase è definita
“eteroerotica”: quando tu senti che la forza e le tue energie tendono alla
persona dell’altro sesso. Questo processo è molto diversificato nelle persone.
Molte persone possono attraversare una fase intermedia, di incertezza, di
ambivalenza; è come se arrivassero sul crinale dove hanno la possibilità di
ritornare indietro o traboccare nella parte autoerotica. E’ una situazione che
vivono dentro di sé e di cui non parlano nella maniera più assoluta con nessuno
perché hanno una paura e una sofferenza grandissima, anche perché intorno c’è
sempre un polverone di pregiudizi e di stupidità per cui la persona non lo dice
a nessuno. Se arriva un giudizio di un esperto, di uno psicologo, di un prete
che gli da dell’omosessuale, lo uccide. Culturalmente devi sapere che ci può
essere questo periodo di ambivalenza, quindi ti ci devi avvicinare con una certa
delicatezza per fare in modo di aiutare il processo. Molte persone si sono
rovinate a causa di un giudizio, che li ha poi portati a fare delle esperienze.
E sono queste che poi ti inchiodano impedendo alla libido di progredire. Se una
persona si trova nel periodo dell’ambivalenza è inutile tentare di portare
avanti un rapporto sponsale con quel ragazzo/a, non ci sono le condizioni ed è
tempo perso. Se il fidanzato si masturba, non lo deve dire alla fidanzata:
questa si offenderebbe e non capirebbe il problema. Inoltre la fidanzata non
deve cercare di aiutarlo facendolo parlare, certe cose devono essere dette
solamente a un padre che ti può spiegare il fenomeno e ti dà le indicazioni per
superarlo. Facciamo un passo avanti: la persona può aver fatto questo cammino
per cui, dal punto di vista fisiologico, funziona, va bene, ha l’attrazione per
la donna. Ma alcune persone rimangono legate psichicamente allo stadio
precedente omoerotico. E’ il caso di un ragazzo che viveva nei dintorni di Roma:
la ragazza raccontava che il suo ragazzo studiava a Roma, ritornava il sabato
sera e dopo un semplice bacetto chiedeva: “Hai chiamato i miei amici? La pizza
dove andiamo a mangiarla questa sera?”. Può funzionare una relazione del genere?
Lui dice di volerle bene, ma si contraddice con i fatti.
11)
Complesso di
onnipotenza.
Il complesso di onnipotenza è
dato una personalità tipica. Supponiamo lei e lui: su tutte le cose che sa e che
fa lei, lui sa tutto. Tu parli dicendogli certe cose e lui dice le sue, ma se tu
non acconsenti a ciò che dice lui, si meraviglia moltissimo: “Ma come, è tutto
così chiaro e distinto come le idee cartesiane, possibile che tu non capisca? O
sei stupida o sei cattiva! Perché io ho detto la verità, è così lampante!”. E’
l’immaturità di una persona che non si sa minimamente porre dal punto di vista
dell’altro. Se lui ha un bisogno e te lo esprime, e tu non lo soddisfi, ti
mangia. La realtà è soltanto quella che vede lui, l’altra prospettiva, l’altro
modo di sentire, non conta. E’ come un pulcino che sta ancora dentro l’uovo:
visto che la nostra cultura tutto ti facilita, tutto ti è dovuto, non c’è stato
nessuno che gli ha dato un colpo rompendo il guscio, facendo in modo che debba
pedalare con i suoi piedi, che cominci a sentire il freddo, che cominci a
beccare con il suo becco. Tutto questo non è accaduto: sta ancora dentro il suo
guscio.
12)
Complesso dello
“stato abbandonico”.
Alcune persone hanno esperienze
vissute da piccolo, o per altre vicissitudini, che le portano a soffrire di
questo complesso. A 3 mesi, un bambino vive del volto della madre, di un amore
estremamente personalizzato. Se la mamma si ammalasse, andasse in ospedale o
peggio morisse, essendo la nostra una famiglia nucleare il bambino ne
riceverebbe un trauma terribile, portando da grande con sé il presupposto di
essere una persona “non amabile”. “Visto che mi ha abbandonato la mia mamma,
immagina se non mi abbandonano anche gli altri!”. Se mi fidanzo con una ragazza,
dentro di me c’è un principio di fondo per cui non credo che lei mi voglia bene,
prima o poi mi abbandonerà. Così la metto continuamente alla prova, la esaspero
per vedere se mi ama comunque, nonostante tutto. Ma questo lo puoi chiedere a
Dio, lo puoi chiedere ad una mamma, ma non lo puoi chiedere ad una
fidanzata.
13)
Il troppo
lavoro.
Quando una persona lavora troppo
e va oltre le 8 ore, sta pur certo che la dinamica affettiva non funziona. Noi
abbiamo un patrimonio energetico preciso, e se lo spendi tutto da una parte non
ne ha più nulla da spendere altrove.
14)
Il complesso da
consacrazione.
Si ha quando una persona, andando
avanti in una dinamica di coppia, ogni tanto sventola la bandiera: “Ma tanto io
mi faccio frate. Ma tanto io mi faccio suora. Ma io mi faccio prete.” Bisogna
stare molto attenti. Voi immaginate a pensare ad una ragazza innamorata ed al
suo ragazzo che ogni tanto le sventola davanti questa frase: che cosa deve fare
quella ragazza? Non può mica mettersi contro Dio! Se ti devi far prete, fatti
prete; svelto! Certe volte capita (l’1%) che la persona abbia veramente un’altra
vocazione, ma i sintomi li puoi riconoscere bene: trovi, per esempio, che la
dinamica sponsale va benissimo e la persona dice di volersi consacrare. Se vuoi
consacrarti devi innanzitutto parlare con il partner dicendogli: “Guarda, io
porto dentro di me questo tormento, non vorrei stare davanti a Dio con il dubbio
di non avergli obbedito. Adesso vado da una persona esperta, faccio un’adeguata
ricerca e consulto il Signore. Se il Signore veramente mi chiama, vuol dire che
per te c’è un’altra provvidenza e io devo seguire il Signore. E’ bene stabilire
5 – 8 mesi, senza dimenticare che tu hai in mano il destino dell’altra persona;
è come se tu avessi la chiave della vita del partner e questo ti carica di una
grande responsabilità. Quando una persona incomincia ad obbedire a Dio, diventa
proprio bella, trasparente, piace per la limpidezza e la sincerità. Se veramente
ti devi consacrare, non ci sono santi. Ti possono girare intorno tante persone,
ma quando il Signore chiama le cose risultano chiare e da lì non si scappa.
Prima di tutto ti chiedo come principio di farmi vedere se sai gestire un
rapporto con una ragazza, perché diventare frate significa diventare un
corteggiatore per Gesù Cristo. Ma se tu non sai corteggiare per te, cosa per cui
bisogna conseguire una mini-laurea, come puoi essere assunto da Gesù
Cristo?
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domenica 15 gennaio 2012
Ho cercato per diverso tempo gli accordi della canzone di Marco Frisina "Aprite le porte a Cristo" ; la quale è l'inno usato per la beatificazione di Giovanni Paolo II a cui ho avuto la grazia di partecipare a Roma, e visto che questi accordi non li ho mai trovati in internet ho deciso ieri di trascriverli ricavandoli dallo spartito originale per organo.
Visto che è una canzone bellissima e credo possa essere cantata tranquillamente in chiesa posto gli accordi qua sotto,cosi se a qualcuno possono servire qua li troverà:
Marco Frisina - APRITE LE PORTE A CRISTO ( Inno al beato Giovanni Paolo II) Accordi
Re
Re4 Re Si-4
Si- Sol La4 La
APRITE LE POR - TE A CRI - STO! NON
ABBIATE PAU - RA:
Fa#/Sib
Si- La/Do#
Re Sol Re
La4 Re
SPALANCATE IL VOSTRO CUO - RE ALL'AMORE
DI DI - O. Rit x 2 volte
Si- Sol La4
La Re Sol La4 La
Testimone di speran - za per chi
attende la salvez - za,
Fa#- Si- Sol Re
Sol Mi-
La4 La
pellegrino per amo - re sulle
strade del mon - do. Rit x 1
Si- Sol La4
La Re Sol La4
La
Vero padre per i giova - ni, che inviasti per il mon - do
Fa#- Si- Sol Re Sol Mi- La4 La
sentinelle del matti - no, segno vivo di speran - za. Rit x 1
Testimone della fede che annunciasti con la vita,
saldo e forte nella prova, confermasti i tuoi fratelli.
Insegnasti ad ogni uomo la bellezza della vita
indicando la famiglia come segno dell'amore.
Portatore della pace ed araldo di giustizia,
ti sei fatto tra genti, nunzio di misericordia.
Nel dolore rivelasti la potenza della Croce:
guida sempre i tuoi fratelli sulle strade dell'amore.
Nella Madre del Signore ci indicasti una guida,
nella sua intercessione la potenza della grazia.
Si- Sol
La4 La Re Sol La4 La
Padre di misericor - dia, Figlio nostro Redento - re,
Fa#- Si- Sol Re Sol Mi- La4 La
Santo Spirito d'Amo - re, a
te, Trinità, sia glo - ria. Rit x 1
Sol La
Re Mi- La Re
A - men,
A
- men.
(La tonalità originale è in Mib, quindi basta mettere il
capotasto al 1° tasto)
Le strofe con gli accordi sono quelle che di solito vengono
cantate
Gli accordi sono stati ricavati dallo spartito originale ed
inseriti da Paolo Negri - paolofrommantova@gmail.com
lunedì 2 gennaio 2012
SANTO PROTETTORE DELL'ANNO
Ciao a tutti
C'è una bella usanza della
Comunità delle Beatidini di suor Emmanuel Maillard (la sede più famosa della
comunità è a Medjugorje) condivisa da moltissime persone, è quella del
SANTO PROTETTORE
DELL'ANNO..
Si prega ad esempio cosi "Padre,nel Nome di Gesù dammi il tuo Spirito e donami un santo che si prenda in modo particolare cura di me in quest'anno e per tutta la mia vita"
poi cliccate qui (o scrivete su
Google "santo protettore dell'anno Innamoradi di Maria" ) : http://infodamedjugorje.altervista.org/ilsantodellanno.html ed in fondo a questa pagina cliccate ed
uscirà il vostro santo protettore!
E mi raccomando, poi ringraziate con un bel "Gloria al
Padre.. "
Vi racconto un episodio simpatico a riguardo che mi è
capitato, il mio santo protettore dell'anno 2010 era san Gaspare del Bufalo,
guardate nel 2010 che rosario ho trovato sulla tavola di casa mia.. (foto in
allegato)
Paolo
P.s.
Il mio santo protettore di quest'anno è San
Giorgio
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